10 Feb 2022
 / The Message

Controversial energies – Nucleare e gas

La coerenza è una virtù di pochi. Per altri, essa è sciocca, come scrisse Oscar Wilde, o può essere definita come mancanza di immaginazione, o mummificazione dei propri pensieri, sebbene il cambiamento di una visione dovrebbe forse richiedere un profondo periodo di riflessione, durante il quale analizzare le ragioni del cambiamento stesso. Spesso la coerenza viene meno di fronte a necessità impellenti, per far fronte alle quali magari ci raccontiamo piccole bugie, giustificazioni più o meno plausibili, per convincerci che non siamo dei voltagabbana.

Anche l’Europa ha una necessità impellente: l’energia. E in previsione di una ripartenza, sperabilmente vicina, questo bisogno diventa sempre più urgente.

A oggi il mondo delle rinnovabili non è assolutamente in grado di far fronte alla mostruosa domanda proveniente dal mercato; per alcuni Stati membri e politici europei pannelli solari, pale eoliche e idrogeno non saranno in grado da soli neanche di raggiungere l’obiettivo intermedio del 2030, imposto con il fit for 55 europeo (-55% di emissioni rispetto al 1990); di conseguenza, neanche l’obiettivo finale di emissioni nette zero entro il 2050.

Così nell’ultimo giorno dello scorso anno, l’Europa ha avviato consultazioni per un atto delegato complementare nel quale si include il gas e il nucleare all’interno della Tassonomia europea, dando di fatto il bollino verde a queste due fonti. Una possibilità che era già nell’aria durante COP26, come accennato ne Il Lungo Viaggio. Un cambiamento non da poco, se si pensa che esattamente due anni fa, il 15 gennaio 2020, il Parlamento europeo approvava a gran maggioranza il Green Deal, bollando le due fonti controverse come non sostenibili. Che in questi due anni si siano scoperte proprietà sul gas e sul nucleare allora sconosciute? Eppure Macron, primo sostenitore dell’inserimento del nucleare nella Tassonomia, dovrebbe costruire il nuovo impianto di stoccaggio di scorie radioattive ad alta attività (decadimento in decine o centinaia di migliaia di anni) nella località di Bure, proprio quest’anno. Sul cartello di benvenuto della città pare sia scritto: “Città gemellata con Chernobyl, Fukushima e Three Mile Island”. Lo stesso Macron, che al tempo delle elezioni aveva promesso la chiusura di 14 dei 58 reattori nucleari entro il 2035 in nome della transizione energetica, e che ora, in virtù della stessa, propone l’apertura di nuove centrali nucleari e siti di stoccaggio.

Il gas e il nucleare saranno considerati come fonti che aiuteranno la transizione, fin quando le rinnovabili non saranno sufficienti. Ma proviamo a fare due conti: per costruire una centrale nucleare ci vogliono sette anni e la vita media di un reattore di terza generazione è stimata in 60 -100 anni. Può un simile progetto considerarsi di transizione, quando l’obiettivo di emissioni nette zero è fissato per il 2050? I costi di costruzione, inoltre, sono esorbitanti, tanto che l’energia prodotta col nucleare ha un costo di circa 3 volte superiore rispetto a quello dell’energia prodotta dall’eolico offshore e di 6 volte maggiore rispetto a quello dell’energia solare. Si potrebbe opporre che la lunga vita delle centrali nucleari offra il tempo per rientrare dell’investimento, ma analizzando la durata media di un impianto eolico o solare e il fatto che le due tecnologie riducono anno dopo anno i prezzi per ogni chilowattora installato, anche questa obiezione non pare del tutto convincente. La verità è che i soldi investiti in gas e nucleare oggi sono fondi in meno per le energie più verdi.

La decisione della Commissione europea ha scatenato una disputa tra gli Stati membri, e non solo, divisi tra favorevoli, in primis la Francia, e contrari, guidati dalla Germania. Un accordo non è ancora stato raggiunto, dunque, ma aver proposto modifiche a un atto delegato l’ultimo giorno disponibile, l’aver lasciato solo 12 giorni (prolungati a 21 allo scadere del termine) agli esperti per dare un parere a riguardo, e la previsione di una maggioranza del 72% degli Stati membri del Consiglio europeo per evitare l’inclusione delle due fonti energetiche nella Tassonomia, fanno ben intendere quanto la Commissione europea punti a ridurre al minimo gli ostacoli all’entrata in vigore dell’atto delegato.

In questo cambio di vedute, verrebbe da chiedersi: se tecnologie come il solare, il wind e l’idrogeno potessero soddisfare i nostri fabbisogni energetici oggi, Ursula Von der Leyen penserebbe al nucleare a al gas come fonti sostenibili? Rispondendo a questa domanda, forse, potremmo capire se la decisione è stata presa perché convinti che il nucleare sia una fonte green, o a causa della contingente necessità di energia.

Entro la fine di maggio dovremmo conoscere la risposta. Indipendentemente da questa, tuttavia, la finanza privata forse subirà una spaccatura tra coloro che seguiranno la Tassonomia e coloro che, sposando il pensiero del Ministro dell'Economia e della protezione del clima tedesco Robert Habeck, qualificheranno l’inserimento del gas e del nucleare fra le fonti sostenibili come mero “greenwashing". Differenti tonalità di verde anche all’interno del gruppo di fondi art. 9.

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